Cos’è il danno psichico?
Cos’è il danno psichico?
Quando un danno è definito psichico? Chi e come lo attesta? Qual’è il ruolo del CTU? Scopri i dettagli e le specifiche giuridiche in questo approfondimento sul tema.
Il danno psichico è una lesione dell’integrità psicofisica medicalmente accertabile.
In altre parole, è indicabile come una lesione della salute psichica dell’individuo che consiste nell’alterazione patologica dell’integrità psichica e dell’equilibrio di personalità, individuandosi nella concreta riduzione di una o più funzioni psichiche, a seguito di un evento traumatico, di natura dolosa e colposa, che ha dei risvolti negativi sull’esplicazione di alcuni aspetti della personalità nella vita quotidiana.
Danno psichico: da non confondere con danno morale o esistenziale
Danno psichico: da non confondere con danno morale o esistenziale
Preliminarmente, non si deve confondere il danno psichico con il danno morale, definito dalla Corte di Cassazione con la nota sentenza n. 233/2003 come il “transuente turbamento dello stato d’animo della vittima”.
In altre parole, anche il danno morale è un danno non patrimoniale, ma consiste in un turbamento emotivo che colpisce la vittima di un evento dannoso nell’immediatezza dell’evento stesso.
Viene quindi definito come “sofferenza psichica”, cioè con lo stato di prostrazione e abbattimento ed ha una natura necessariamente temporanea, perché dura per un breve lasso di tempo senza compromettere permanentemente la normale quotidianità dell’individuo.
Diverso ancora è il danno esistenziale, il quale si presenta come un’alterazione, in senso peggiorativo, del modo di essere di una persona nei suoi aspetti sia individuali che sociali.
Il danno psichico è un danno biologico e quindi, risarcibile
Il danno psichico è un danno biologico e quindi, risarcibile
Tuttavia, le predette classificazioni sono utilizzate ai soli fini descrittivi e psicologico giuridici. In base ai recenti orientamenti giurisprudenziali, infatti, la categoria del danno non patrimoniale in senso proprio è una categoria generale, che non può essere suddivisa in autonome sottocategorie di danno (Cass. Civ. 26972/2009, n. 26973/2009, n. 26975/2009).
Il danno psichico, in quanto danno biologico, è ormai pacificamente riconosciuto come risarcibile dalla giurisprudenza, ai sensi dell’art. 2059 c.c. (Cass. Civ. 13547/2009).
Occorre premettere che lo stesso è risarcibile in quanto danno conseguenza e che, pertanto, chi agisce in giudizio ha l’onere di allegare e provare la sussistenza e la derivazione causale dello stesso dall’evento dannoso.
Come attestare in giudizio la presenza di danno psichico
Come attestare in giudizio la presenza di danno psichico
Il soggetto che ha subito un danno psichico dovrà quindi produrre in giudizio la documentazione medica dalla quale si evincono gli accertamenti, le diagnosi, le cure, le prescrizioni e tutto quanto
necessario a seguito dell’evento pregiudizievole e delle conseguenze che ne sono derivate.
Dovrà, pertanto, produrre una perizia medico-legale che certifichi, in base a criteri oggettivi, l’esistenza del danno psichico lamentato e la sua derivazione dall’evento dannoso.
Il Giudice, chiamato a svolgere la sua funzione decisoria, non avendo normalmente le competenze specialistiche necessarie per valutare l’effettiva sussistenza e la gravità di un danno psichico derivante dal evento pregiudizievole, dovrà avvalersi di un accurato e specialistico esame diagnostico, teso a verificare, dal punto di vista tecnico, la reale esistenza di conseguenze negative.
Il ruolo del CTU nella valutazione del danno
Il ruolo del CTU nella valutazione del danno
Fondamentale, per questo tipo di valutazione, è il ruolo del CTU incaricato dal Giudice, che dovrà rispondere ad un quesito formulato dallo stesso, e valutare se il danneggiato ha subito una compromissione, una menomazione, una riduzione delle sue capacità di comprendere e di accettare la realtà, attraverso processi di adattamento non più equilibrati.
In altre parole, la consulenza tecnica è lo strumento con cui il Giudice si avvale di un ausilio, qualora per la conoscenza di determinate dinamiche e, dunque, una corretta interpretazione ai fini decisori, siano necessarie particolari cognizioni tecniche e scientifiche.
Va da sé che la consulenza tecnica d’ufficio non può chiaramente sostituire l’onere probatorio in capo all’attore. La stessa ha, infatti, la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede (Cass. civ., n. 17555/2002).
Il danno in caso di sinistro stradale: solo patrimoniale?
Il danno in caso di sinistro stradale: solo patrimoniale?
Basti pensare al verificarsi di un sinistro stradale, in cui il soggetto coinvolto ha subito un danno fisico alle gambe che non gli consenta più di camminare autonomamente.
Oltre al pacifico, se provati tutti i fatti costitutivi dell’art. 2043 c.c., danno patrimoniale subito, potrà essere richiesto anche il risarcimento dei danni derivanti da un danno psichico, a causa dal pregiudizio psicologico arrecato al soggetto, dal fatto che lo stesso non potrà più svolgere determinate attività, o non avrà la stessa vita di prima.
Quale soggetto accerta l’esistenza del danno non patrimoniale?
Quale soggetto accerta l’esistenza del danno non patrimoniale?
Ai fini di un completo accertamento del danno non patrimoniale è necessaria un’indagine diagnostica valutativa a carattere specialistico psicologico forense e, soltanto in caso di accertata patologia psichica, anche psichiatrico forense.
Il medico legale e lo psichiatra forense infatti, sono competenti per l’accertamento a carattere clinico medico e non psicologico del danno alla persona.
Di contro, lo psicologo forense riveste un ruolo professionale più idoneo alla valutazione del danno psichico e da pregiudizio esistenziale, avendo fra le sue competenze anche la possibilità di effettuare diagnosi con strumenti di indagine, quali il colloquio clinico e i test appropriati, ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno (Linee Guida per l’accertamento e la valutazione del danno psichico e da pregiudizio esistenziale – Delibera del 30.11.2009, Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio).
Strumenti per la valutazione del danno psichico: tabelle non adatte
Strumenti per la valutazione del danno psichico: tabelle non adatte
Le attuali tabelle medico legali, per le invalidità permanenti superiori al 15%, non possono ritenersi utili al fine di una corretta valutazione delle conseguenze di un danno psichico, perché concepite per un danno di tipo fisico.
Nemmeno quelle ministeriali per i danni c.d. micro permanenti in ambito RC auto sembrano utili, perché inidonee a cogliere i profili lesivi della psiche e delle conseguenze sugli aspetti dinamico relazionali comuni a tutti (Cass. Civ. 11048/2009).
Tabelle di valutazione del danno psichico e procedure processuali
Tabelle di valutazione del danno psichico e procedure processuali
Le tabelle di valutazione del danno psichico e da pregiudizio esistenziale intendono perseguire l’obiettivo di costituire uno strumento di carattere generale per un’uniformità di trattamento valutativo delle vittime in base all’esame psicologico, fermo restando il valore meramente indicativo ed orientativo delle tabelle medesime, essendo il danno psichico contrassegnato da una variabilità individuale, soggettiva e personale.
Condizione, poi, spesso imprescindibile è l’iscrizione di questo perito all’interno di specifici albi, suddivisi per categorie, tenuti dai Tribunali. Al momento dell’accettazione dell’incarico, il consulente dovrà prestare giuramento.
A seguito della pronuncia di questa sacramentale formula, il Giudice indica data, ora e luogo di inizio delle cosiddette operazioni peritali, a cui parteciperanno, ovviamente, le parti ed i propri (eventuali) consulenti tecnici di parte.
In tal modo, si rende possibile anche in questo frangente la realizzazione del principio Costituzionalmente garantito, ai sensi dell’art. 111, del giusto processo (in particolare, il contraddittorio).
Quando il consulente può avvalersi dell’opera di specialisti?
Quando il consulente può avvalersi dell’opera di specialisti?
Da ultimo, in tema di consulenza tecnica d’ufficio il consulente può avvalersi dell’opera di esperti specialisti, al fine di acquisire, mediante gli opportuni e necessari sussidi tecnici, tutti gli elementi di giudizio, senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione del giudice, né una nomina formale, purché egli assuma la responsabilità morale e scientifica dell’accertamento e delle conclusioni raggiunte dal collaboratore e fatta salva una valutazione in ordine alla necessità del ricorso a tale esperto “esterno” svolta successivamente dal giudice (Cass. Civ., n. 16471/2009).
E nel caso si voglia far valere la nullità della CTU?
E nel caso si voglia far valere la nullità della CTU?
Consolidata giurisprudenza sostiene che la nullità della consulenza tecnica d’ufficio – ivi compresa quella dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente, nonché quella derivante dalla mancata comunicazione alle parti della data di inizio delle operazioni peritali o attinente alla loro partecipazione alla prosecuzione delle operazioni stesse – ha carattere relativo e deve, pertanto, essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata. (Cass. civ. n. 2251/2013; Cass. civ. n. 1744/2013).