L’Avv. Elena Gambirasio tratta il reato di diffamazione nelle chat di gruppo e nei cd “stati”. Quando un’affermazione è libertà di pensiero, ingiuria o diffamazione? Leggi la nostra news!
Chat di gruppo, stato del profilo e mail…l’offesa è diffamazione o è legittima?
Il confine tra ciò che rientra nella libertà di manifestazione del pensiero, e quindi lecito, da ciò che invece integra un illecito civile quale l’ingiuria o una fattispecie penalmente rilevante, quale il delitto di diffamazione, è labile.
A chi non è capitato, parlando con altre persone, di sentire denigrare un soggetto terzo, come ad esempio l’ex coniuge, un amico, il datore di lavoro, un collega, soprattutto in presenza di un elevato livello di conflittualità, ricorrendo, ahinoi, anche ad appellativi pesanti?
Talvolta, taluno ricorre a tali appellativi anche nelle chat di gruppo, oppure nei messaggi di stato, potenzialmente visibili da tutti i contatti memorizzati nella rubrica dell’autore del messaggio, e nelle mail destinate contemporaneamente ad una pluralità di destinatari.
Delitto di diffamazione o illecito civile di ingiuria?
L’offesa diretta ad un soggetto particolare inserita in un gruppo di messaggistica istantanea, ovvero in una mail destinata a più soggetti, al quale il destinatario dell’offesa non partecipa oppure è offline nel momento in cui l’offesa è inserita, o in uno stato che può potenzialmente essere letto contemporaneamente da una molteplicità di soggetti, integra il delitto di diffamazione. Si concretizza, in tal caso, la fattispecie di ingiuria, depenalizzata nel 2016,e quindi oggi di fatto, fattispecie di illecito civile.
Chi dialogando con qualcuno tramite un’applicazione di messaggistica istantanea lo offende all’interno di un messaggio di testo, anche se contemporaneamente inviato ad altri soggetti, non commette alcun reato. Se l’offeso è collegato all’applicazione in quel momento può percepire direttamente il contenuto ed il tenore della conversazione e, di conseguenza, può replicare immediatamente all’offesa.
Invero, si concretizza la fattispecie di ingiuria, depenalizzata nel 2016. L’ingiuria, oggi, non è più un reato ma un illecito civile.
Diffamazione nelle chat di gruppo: le caratteristiche del delitto
Si concretizza, quindi, il delitto di diffamazione esclusivamente allorquando il destinatario dell’offesa non è presente o non partecipa, in quanto escluso, alla conversazione a mezzo gruppo whatsapp o simili (ed in tal caso apprende dell’offesa da un terzo membro del gruppo) ovvero quando lo stesso, membro del gruppo ma offline nel momento in cui l’offesa è manifestata, legge
il messaggio denigratorio nei suoi confronti dopo che il medesimo è già stato letto da almeno due persone.
Pertanto, per aversi diffamazione nelle chat di gruppo è indispensabile che il gruppo sia composto da almeno tre persone, oltre l’offeso.
La precisazione della Suprema Corte sul reato di diffamazione sullo stato whatsapp o simili
Un altro canale “idoneo” ad integrare il delitto di diffamazione è lo stato whatsapp o simile, in quanto potenzialmente visibile da tutti i contatti memorizzati nella rubrica dell’autore del messaggio.
Sul punto, recentemente, la Suprema Corte ha precisato che costituisce diffamazione la pubblicazione sul proprio stato whatsapp di messaggi offensivi ai danni di una persona precisando come la prova della diffusività dell’offesa non richiede la specifica dimostrazione che i vari contatti della rubrica ne avessero effettivamente visionato il contenuto.
La Corte di Cassazione ha ritenuto del tutto razionale l’intento diffamatorio realizzato attraverso la pubblicazione dello stato offensivo della reputazione altrui, poiché se fosse mancata tale intenzione, il mittente avrebbe certamente inviato il proprio messaggio esclusivamente al destinatario dello stesso (Cass., 08.09.2021, n. 33219).