Home banking: l’art. 615 ter c.p. tutela la privacy dopo il matrimonio.
Spiare l’home banking dell’ex coniuge è reato anche se i codici di accesso sono stati condivisi durante il matrimonio.
In diverse occasioni la Corte di Cassazione ha infatti precisato che è configurabile una penale responsabilità a carico del coniuge per il delitto di Accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico.
L’art. 615 ter c.p. sancisce il reato qualora, cessata la convivenza, egli o ella abbia utilizzato password di accesso al servizio di c.d. home banking connesso al conto corrente intestato esclusivamente all’altro consorte.
La norma in questione, tutelando i sistemi informatici e telematici protetti, mira a garantire la riservatezza dell’intera sfera della personalità del titolare che si concreta nello ius excludendi alios in tutte le sue possibili esplicazioni, non esclusi i connessi profili riguardanti i diritti di carattere economico-patrimoniale, indipendentemente da quale sia il contenuto dei dati custoditi.
Qualsiasi accesso dell’ex al domicilio informatico è considerato reato.
Premesso che nessun dubbio si pone in ordine alla classificazione del servizio di c.d. home banking quale sistema informatico protetto da misure di sicurezza, il delitto in esame si perfeziona anche con la mera introduzione abusiva nel sistema.
Il “domicilio informatico” infatti, è considerato violato anche senza che necessariamente sussista lo scopo di insidiare la riservatezza altrui.
Rientra nella definizione di misura di sicurezza anche la semplice password banale e facilmente raggirabile, essendo la stessa esemplificativa della volontà di un soggetto di porre un divieto di accesso.
Anche se in passato l’ex aveva le password, oggi non le può più usare.
A nulla vale, quindi, la conoscenza delle chiavi di accesso all’home banking, quand’anche fosse stato/a il compagno o la compagna a renderle note e a fornirle.
Nonostante perciò in passato sia avvenuta un’implicita autorizzazione all’accesso prima del lacerarsi della relazione, questo non pregiudica il diritto di rivendicare una diversa volontà postuma della persona offesa.
Questo è quanto è stato recentemente precisato dai Giudici della Suprema Corte:
“in tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico ex art. 615 ter c.p., non rileva la circostanza che le chiavi di accesso al sistema informatico protetto siano state comunicate all’autore del reato, in epoca antecedente rispetto all’accesso abusivo, dallo stesso titolare delle credenziali, qualora la condotta abbia portato ad un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante l’eventuale ambito autorizzatorio” (Cass. 22.01.2019, n. 2905).
L’home banking non si spia, non c’è nemmeno bisogno di scriverlo.
In altri termini, la possibilità, per il coniuge, di accedere all’home banking intestato al consorte viene meno qualora il primo abbia revocato, anche solo oralmente, al secondo l’autorizzazione ad accedere.
Non solo! Il marito che controlla abusivamente il conto on line della moglie o la moglie che accede al servizio c.d. di home banking del marito, oltre a rischiare una denuncia, non potrà utilizzare i dati raccolti nell’eventuale procedimento di separazione o divorzio.
L’estratto conto scaricato e stampato infatti non potrà costituire elemento di prova in quanto prova acquisita illegittimamente e, quindi, inutilizzabile nel processo.