La Dott.ssa Arianna Carullo illustra nel dettaglio il contratto di locazione nella disciplina civilistica. Scopri tutte le caratteristiche, leggi la news.

Contratto di locazione: tutto quello che dice la Legge

La locazione è un contratto tipico, regolato sia dal codice civile, artt. 1571 e ss., che da una vasta normativa speciale, la quale prende in considerazione varie tipologie di tale fattispecie.

Tra queste si possono citare, innanzitutto, la locazione abitativa, di cui alla legge 9 Dicembre 1998 n. 431 e la locazione di immobili ad uso commerciale, disciplinata dalla legge 27 Luglio 1978 n. 392.

Il legislatore, ai sensi dell’art. 1571 c.c., definisce la locazione come il contratto con cui una parte, il locatore, si obbliga a concedere in godimento all’altra, il locatario o conduttore, una cosa, mobile o immobile, per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.

Contratto di locazione: le specifiche secondo dottrina e giurisprudenza

La locazione, secondo la dottrina (Giannattasio, Mirabelli, Guarino) e la giurisprudenza (Cassazione 13 aprile 1950 n. 974 e Cassazione 21 marzo 1970 n. 766) dominanti, si configura quale esempio di contratto consensuale: la consegna della res locata, pertanto, non rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie, ma si qualifica come uno degli obblighi contrattuali a carico del locatore.

Trattasi, inoltre, di contratto a prestazioni corrispettive: il locatore, infatti, si obbliga a far godere la res ed il locatario a versare il canone di locazione e ciò con due finalità:

a)   soddisfare esigenze di natura abitativa

b)   soddisfare esigenze differenti dalle prime (depositi, attività commerciali etc.)

La durata del contratto di locazione

La locazione, allo stesso tempo, è un contratto di durata, in quanto le prestazioni delle parti si protraggono nel tempo.

Non essendo, però, ammissibile una locazione perpetua, in quanto in contrasto con il principio, tipico del nostro ordinamento, dell’impossibilità di costituire vincoli destinati a durare sine die, occorre che le parti provvedano alla fissazione di un termine convenzionale, in mancanza del quale troveranno applicazione i termini legali ex art. 1574 c.c. e i quali variano a seconda della natura della res locata.

Resta ferma, tuttavia, per i soli immobili ad uso abitativo, la possibilità che la locazione abbia come durata la vita del conduttore, ex art. 1607 c.c., la cui ratio si rinviene comunemente nella necessità di garantire una continuità di abitazione all’inquilino.

Le durate del contratto di locazione di carattere abitativo

In ordine al contratto di locazione finalizzato a soddisfare esigenze di carattere abitativo, quest’ultimo ha durate predeterminate, quali:

a)   durata quadriennale con rinnovo automatico, per uguale periodo, alla prima scadenza (c.d. contratto 4+4) ed è a canone libero;

b)  durata triennale con rinnovo automatico di due anni (c.d. contratto 3+2) per il quale è previsto un canone vincolato a determinati parametri normativi;

c)  natura transitoria (con un minimo di un mese ed un massimo di diciotto con particolare durata per quelli universitari) anche qui con un canone parzialmente vincolato.

Le norme di riferimento sono rappresentate dalla legge n. 431/98, dal d.m. 30 dicembre 2002 e dai vari accordi locali tra comuni e associazioni di proprietari ed inquilini.

Diritto di recesso del contratto di locazione: termini e condizioni previsti dalla legge

La legge n. 431 del 1998 e già prima la l. n. 392 del 1978 prevedono una particolare forma di recesso dal contratto di locazione per gli immobili destinati ad uso abitativo.

Infatti, ai sensi del sesto comma art. 3 legge n. 431/98:

Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

Ma che cosa deve intendersi per gravi motivi legittimanti l’esercizio unilaterale del diritto di recesso?

I motivi del recesso devono essere espressi nella disdetta

Secondo la Suprema Corte di Cassazione è ormai jus receptum (Cass. Sez. 3^, n. 15620 del 2005) che i gravi motivi in presenza dei quali la L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, u.c., indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente in qualsiasi momento il recesso del conduttore dal contratto di locazione devono collegarsi a fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto (cfr. Cass. 11 marzo 2011 n. 5911).

La giurisprudenza di merito e di legittimità è concorde nel ritenere che i gravi motivi debbano essere menzionati precisamente nella disdetta, ossia facendo riferimento allo specifico motivo a sostegno della comunicazione di recesso, a pena di inefficacia della comunicazione stessa (cfr. Trib. Trani 3 marzo 2009 n. 1297).

In caso di controversie relative al recesso

Se il proprietario dell’immobile dovesse avanzare dei dubbi in merito alla reale sussistenza della motivazione di recesso e decidesse di portare in giudizio il conduttore per l’esecuzione dell’intero periodo restante di contratto, allora spetterebbe a quest’ultimo il dovere di dimostrare la reale fondatezza della gravità dei motivi.

Chiaramente la successiva locazione del bene farebbe venire meno il diritto al risarcimento dal momento della stipula del nuovo contratto di locazione.

E’ fondamentale ricordare, infine, che le controversie relative alla sussistenza dei gravi motivi di recesso dal contratto sono soggette al tentativo obbligatorio di mediazione ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, d.lgs n. 28/2010.

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